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Dario parla di Alien scrivendo che…

Dariogeographic.it trascinato dalla sua grande passione per il cinema, presenta: Alien; il nuovo articolo sarà interamente dedicato alla grandissima saga di fantascienza ed ai suoi più grandi appassionati! Sarà intriso di curiosità e di aneddoti, così da risvegliare la passione, magari assonnata, verso la saga, e per incuriosire chi ancora non si è fatto travolgere da questa “malattia”. Io stesso scrivo da appassionato e non posso che spingervi a leggere tutto, dall’inzio alla fine!

Siete pronti? Iniziamo.

LANCIAFIAMMANell’estate e nell’autunno 1978 per un eventuale visitatore degli studi di Shepperton, in Inghilterra, sarebbe stato più facile fare dietrofront e tornare a Londra che tentare di varcare l’ingresso principale degli stabilimenti: infatti, quattro dei maggiori teatri di posa del celebre complesso britannico (uno dei quali è fra i più grandi del mondo) ospitavano in quei mesi i set di Alien, e la Twentieth Century Fox voleva essere sicura che solo occhi debitamente autorizzati assistessero alle sedici settimane di lavorazione principale del film.
Tuttavia muniti di lasciapassare fornito dal direttore di produzione, i curiosi potevano dare una sbirciatina a quello che succedeva all’interno.
La soria di Alien si svolge in tre ambienti principali: l’interno del gargo spaziale americano Nostromo, la superficie d’un planetoide desolato e l’interno di un vascello extraterrestre abbandonato. I ponti interni del Nostromo sono gli ambienti più spettacolari.

 

zampa-astronaveIl ponte di comando minuziosamente elaborato e traboccante di apparecchiature, spie luminose intermittenti, terminali per la lettura dei dati, dà l’impressione di un luogo vivo, dove si lavora sul serio, estremamente reale. Lo stesso dicasi per l’infermeria, chiamata “autodoc”, la cucina e i giganteschi livelli inferiori dell’astronave. Sono stati necessari mesi di lavoro, eseguito da un’équipe di più duecento operai e tecnici, per dare a questi ambienti la solidità e la forza d’impatto della realtà.
In un altro teatro di posa era stata ricostruita la superficie del planetoide, nuda e ostile nella sua cupa luce bluastra: è fatta di tonnellate di gesso, fibra di vetro, pietra e ghiaia. Enormi portelli ovoidali, alti circa quattro metri, dominavano un’estremità del teatro: erano gli ingressi del relitto extraterrestre. Ma c’erano ben poche possibilità che, attraverso quei portelli, il visitatore potesse scorgere qualcosa o qualcuno: infatti, appena l’Alieno si trovava nei paraggi, del set veniva sistematicamente allontanato chiunque non fosse strettamente indispensabile alla lavorazione del film. In questo modo il più grande segreto della storia del cinema veniva tenuto al sicuro. Altro che i giorni nostri, altro che smartphone facebook o simili dove tutt’oggi si può comodamente violare ogni tipo di privacy.

 

alienodistesoQuattro dei principali artefici di Alien si trovavano riuniti in Francia, nel 1975 pressapoco nello stesso periodo di tribolazione per un altro noto e grande regista di qui io stimo molto “Francis Ford Coppola” in piena lavorazione del suo Apocalypse Now, ma questa e un altra storia torniamo ad Alien dicevo 4 grandi nomi stavano discutendo il progetto Dan O’Bannon autore della sceneggiatura, “Moebius” Giarud (francese) , Chris Foss (inglese) e H.R. Giger (svizzero) ma potevano salvare queste persone l’ambizioso progetto? “Andò a finire”, dice O’Bannon che mi trovai a Los Angeles senza un quattrino, senza casa, senza macchina e con la metà degli interessati Parigi e l’altra metà bloccati qui.
Dopo mille peripezie mille idee di qui scartavo la meta di quello che buttavo giù, dopo aver incontrato varie persone discutendo il copione la storia e molto altro sempre sul divano di casa con amici con tanto di macchina da scrivere e birre fresche,tirammo giù un copione con un altro amico sceneggiatore Ron Shusett e alcuni disegni di Cobb un illustratore un uomo dal versatile talento, Cobb aveva fatto parte dell’équipe di Guerre Stellari ma anche questa e un altra storia. Proposi in giro il copione dopo 3 mesi di lavorazione intensa e birre fresche, e fin dall’inizio avemmo reazioni inspiegabilmente positive. La gente ci inondava di offerte ma io avevo visto tanti progetti fallire che non credetti mai a nessuna di quelle proposte. Fu necessaria la Brandywine Productions a far cambiare idea a O’Bannon; la casa era diretta dal produttore, Gordon Carroll, e da due sceneggiatori-registi, David Giler e Walter Hill. Si innamorano del progetto. e dopo le solite contrattazioni si arrivò alla firma. A partire da quel momento dice O’Bannon il nostro progetto è esploso, in tutti i sensi. La Brandywine concluse un accordo di produzione con la Twentieth Century Fox, e il budget di Alien fu fissato finalmente in otto milioni di dollari.

I produttori David Giler e Walter Hill manipolarono il testo di O’Bannon: una scena secondaria riguardante L’Alieno fu soppressa, mentre venne aggiunta un altra in cui si vede un androide. Hill, che stava preparando un altro film, non poté occuparsi della regia, ma rimase far parte dell’équipe. Al suo posto fu ingaggiato Ridley Scott, che aveva un solo lungometraggio all’attivo, i duellanti, ma che negli ultimi dieci anni si era distinto come uno dei migliori registi inglesi di film pubblicitari.
Scott ricevette così la sceneggiatura di Alien, concisa e sfrondata , nel più puro stile Walter Hill. Il regista stava preparando un altro progetto quando il copione Alien gli piovve sul tavolo. L’ho letto in tre quarti d’ora, e… bang! Era semplice, immediato, ed è per questo che ho accettato di fare il film disse Scott.

A questo punto gran rentrèe di H.R. Giger: l’inizio delle riprese era ormai vicino, ma nessuno aveva ideato un mostro ancora decente. I vari schizzi proposti alla produzione ricordavano una piovra(la quale viene ripresa nelle scene finali del futuro Prometheus del 2012 diretto da Ridley Scott), oppure dinosauri rachitici, ma senza nulla che poteva colpire l’attenzione di O’Bannon che ricordandosi dei giorni passati sul divano di Los Angeles con i disegni di Giger che non avevano smesso per un attimo di ossessionarlo, O’Bannon prese tutto e andò a trovare Ridley Scott.
Scott ricorda: Dan entrò con un libro che non avevo mai visto, l’aprì e mi disse:”Che ne pensi”? Guardai e vidi una riproduzione incredibile, un disegno eccezionale. Credo sia uno dei migliori fatti da Giger, e in vita mia non sono mai stato altrettanto sicuro di qualcosa. Quella che Scott aveva visto era una tavola appartenente a un album di Giger Necronomico, e il modo migliore per descrivere il contenuto è dire che rappresenta un cugino stretto dell’Alieno del film. “Dissi a Dan:”Accidenti non so se i miei problemi sono appena finiti o appena cominciati”.
H.R.Giger fece un ottimo lavoro, disegnando i tre stadi dell’alieno, la superficie del planetoide, la nave abbandonata e il cadavere del pilota extraterrestre (ripreso anch’esso in Prometheus 2012)
E quando ebbe scolpito e modellato il costume finale dell’Alieno il risultato sulla pellicola si rivelò lontanissimo da ciò che Scott aveva temuto potesse sembrare: Il solito mostro con la tuta di gomma.
Finalmente, in un piovoso week-end di dicembre, quattro visitatori provenienti dagli USA andarono a dare un’occhiata agli ultimi ritocchi che si stavano dando al film, mentre Ridley Scott scrutava il viso-preoccupantemente vicino -dell’Alieno sbavante, per farne una serie di primi piani supplementari. Nessuno parlava troppo, in giro.
E fu quel giorno che ai visitatori (muniti di birre panini per calmare gli stomachi scombussolati) fu permesso di assistere alla proiezione di una copia di lavorazione di Alien. Si trattava quasi solo di collage: non c’era né titolo né suono, e la musica non era ancora stata scritta ma una miscellanea di musiche riempitivo era stata montata sulla copia, per creare un po’ di atmosfera. Ogni tanto al posto di una sequenza appariva la scritta ,scena mancante il ritmo l’andamento del film non erano stati ancora creati, perché restava da fare il grosso del montaggio. Eppure, nel corso della proiezione, avvennero tre cose: uno dei visitatori rischiò di strozzarsi perché la birra gli era andata di traverso; un altro, sussultando violentemente sulla poltrona, buttò a terra un piatto di sandwich, e un terzo, che aveva visto praticamente tutti i film sull’orrore e di fantascienza mai realizzati,fu visto spiare le scene più cruente fra le dita, che del resto gli coprivano la faccia per quasi tutto il tempo.
Quando la luce si accese i visitatori si voltarono verso Gordon Carroll (il produttore) e allora fece lui con l’ombra di un sorriso, che ne pensate?

Le musiche del film furono poi assegnate Jerry Goldsmith, direttore delle musiche Lionel Newman.

Il gatto Jones è addestrato dalla Animals Unlimited, Il gatto Jones riappare all’inizio del film Aliens Scontro finale. Assieme a Ripley e all’androide Bishop.

Numerose idee narrative, atmosfere e scene, come quella in cui l’equipaggio della Nostromo rinviene i giganteschi resti di creature aliene, presentano delle evidenti analogie con il film Terrore nello spazio di Mario Bava, del 1965, di cui lo stesso capolavoro “scothiano” può definirsi un’acuta e raffinata reinterpretazione

Sebbene Ridley Scott non abbia mai citato la pellicola come fonte di ispirazione per Alien, sono molte le somiglianze fra quest’ultimo e il film di Bava.
In entrambi i film vi sono delle astronavi che atterrano in un pianeta sconosciuto (una nel film di Scott, due nel film italiano) per via di un misterioso segnale alieno.
In entrambi i film vi è una specie aliena parassita che ha bisogno dei corpi di altri esseri viventi per sopravvivere.
Vi è il ritrovamento sul pianeta da parte dei protagonisti di un’astronave aliena in rovina con gli scheletri giganteschi della specie che la pilotava al suo interno.
C’è un ultimo confronto, dopo l’apparente salvataggio, fra la specie aliena e l’ultimo sopravvissuto con l’unica differenza che in Alien la creatura viene catapultata nello spazio mentre nel film di Bava vi è un finale decisamente più tetro.

vestitoBasato sul dipinto “ Necronom IV” di H.R.Giger,l’alien doveva essere elegante,alto,snello ed aggraziato. Fu anche deciso che una creatura senza occhi,guidata esclusivamente da un istinto perfetto,sarebbe stata più agghiacciante. Per la parte Bolaji Badejo è un giocatore e studente nigeriano il cui unico noto ruolo resta quello di aver indossato il costume della creatura film di Alien da Ridley Scott.

Nato in Nigeria nel 1953, ha seguito i suoi genitori in Etiopia , dove ha studiato belle arti e hanno tre anni negli Stati Uniti , a San Francisco. Si trasferisce poi a Londra per studiare graphic design, dove si arruolò di indossare il costume della creatura anhedral, come racconta in una sua intervista, raccolta dalla rivista “Cinefantastique” Autunno 1979.
Gli ammiratori della saga di Alien hanno cercato di rintracciarlo dopo le riprese di Alien, il primo film del franchise e l’unico in cui è accreditato. La sua scomparsa virtuale dopo questo ruolo in un film unico ha portato a numerosi articoli e varie voci (suicidi, l’esilio), che ha costituito la base di un mistero per Bolaji Badejo. altezza 2 metri e 18.

Per la scena della “nascita” del nuovo alieno dal corpo di Kane, gli attori non ne erano stati informati perché le loro reazioni fossero più che naturali

Ridley Scott avrebbe voluto che il film si concludesse con la morte di Ripley. L’alieno si sarebbe quindi seduto ai comandi della navicella e avrebbe parlato alla Terra attraverso la voce dell’eroina. L’ipotesi fu bocciata dai produttori, che volevano un finale meno cupo.

balji-in-vestimentoIn origine si era pensato di far dirigere il film al regista Robert Aldrich, ma fu scartato perché alla domanda su come avrebbe realizzato il momento in cui l’umano viene infettato dal parassita alieno, rispose che sarebbe bastato gettare un pezzo di carne cruda in faccia all’attore.

Ripley originariamente doveva essere interpretata da Veronica Cartwright.

Lo strato nebbioso che ricopre le uova dell’alieno è stato realizzato con attrezzatura presa in prestito da un concerto degli Who.

Si narra che gli autori, alla ricerca del soggetto ideale per l’alieno, dopo alcuni tentativi insoddisfacenti di O’Bannon, su iniziativa di quest’ultimo scelsero di rivolgersi a H.R. Giger. Sembra che aprendo la porta di casa i due autori abbiano fatto un salto per lo spavento trovandosi davanti proprio la tavola che ritraeva l’Alieno.

alien-testa

Un dietro le quinte tutto in Made in Italy di un tecnico e progettista ferrarese che grazie a complessi sistemi elettrici e idraulici ha dato vita ai pupazzi di E.T. King Kong e del mostro in questione Alien,che cosa lega il piccolo E.T e Alien, i mostri di Dune e il King Kong del 1976 gli alieni di Incontri ravvicinati del terzo tipo e il ciclope della tv, per tacere della bambola di Profondo Rosso? Che vissero tutti grazie a Carlo Rambaldi e ai suoi studi sulle creature meccaniche. Nato a Ferrara nel 1925, Rambaldi si laurea all’Accademia di Belle Arti di Bologna nel 1951 e dirige da subito la sua ricerca, oltre che in pittura, nel campo della meccanica del movimento. Studia la struttura ossea e muscolare dell’uomo come se fosse una macchina e molto presto realizza le prime Sculture elettriche semoventi. Nel 1956 va a Roma per lavorare nel mondo del cinema e vi resterà a lungo, realizzando effetti speciali per molte produzioni Italiane, fintanto che Dino De Laurentis lo chiama a Hollywood nel 1976 per il suo controverso remake di King Kong. I nostalgici del primo “scimmione” storsero il naso dinanzi ai trucchi del nuovo, soprattutto appena seppero che era un uomo dentro alla pelle di scimmia. Muscoli e movimenti del viso di quella scimmia erano però comandati da un pannello di controllo esterno, attraverso un sistema di cavi.

RAMBALDI

Si chiama animazione elettronica o “animatronica”, è una tecnica che consente la regia a distanza e in diretta di una maschera o di un robot e negli anni diventerà sempre più sofisticata, arricchendosi di sensori e segnali elettronici. Guadagnerà a Rambaldi tre premi Oscar il primo per King Kong diretto da John Guillermin, del quale costruirà e muoverà anche due braccia, in una sola scena, il gorilla a grandezza naturale, il secondo nel 1980 per Alien di Ridley Scott (ma il mostro sarà progettato dallo scultore e pittore svizzero Hans Rudi Giger) L’animazione della testa dell’Alieno fu solo ed esclusivamente di Rambaldi, e il terzo tre anni dopo per E.T. di Steven Spielberg, probabilmente la creatura di qui va più orgoglioso e che non dimentichiamo a interamente disegnato lui stesso.carlo-rambaldi

La tecnologia delle immagini generate al computer, meno ingombrante e meno costosa, ha ormai sostituito quasi completamente l’animazione Elettronica. In attesa che una zampa di scimmia fatta di pixel sollevi da terra una nuova bionda ed e quello che e successo per il King Kong di Peter Jackson nel 2005 Carlo Rambaldi portava in mostra le sue creature per il mondo, nel 1996 tornò in Italia a Terni dove fondò la sua scuola : L’Accademia Europea degli Effetti Speciali, Rambaldi È deceduto il 10 agosto 2012 all’età di 87 anni a Lamezia Terme in Calabria, dove viveva da molti anni. Ricorderemo per sempre la sua Creatura E.T. la quale Rambaldi si ispirò per la creazione al suo gatto e a una tartaruga, commosse il mondo con questo film.

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